Date: 2 settembre 2000 – 7 gennaio 2001
Conferenza stampa: Venerdì 1 settembre, ore 12.00, seguita da un buffet
Parteciperanno: Thomas Krens (Director, Solomon R. Guggenheim Foundation), Philip Rylands (Deputy Director, Collezione Peggy Guggenheim), Germano Celant (Curatore), Dott. Giuseppe Panza di Biumo, un rappresentante di Deutsche Bank .

Dal 2 settembre 2000 al 7 gennaio 2001 la Collezione Peggy Guggenheim presenta una selezione di opere della Collezione Panza ora al Solomon R. Guggenheim Museum di New York. La Collezione Panza, una delle più note raccolte d’arte degli anni ’60 e ’70, riunisce alcune delle migliori opere d’arte minimalista, concettuale, processuale, postminimale e ambientale. La mostra illustra attraverso 18 opere il contributo di 7 artisti californiani il cui lavoro tende ad amplificare la consapevolezza dell’esperienza sensoriale.

In linea con l’eredità artistica di Venezia e la qualità magica del suo cielo luminoso e della sua acqua riflettente, la mostra si concentra su un’eccezionale selezione di lavori di un gruppo di artisti che lavoravano ed esponevano tra Venice Beach e Santa Monica, in California. La luminosità marina di questa zona ha ispirato negli artisti locali un forte interesse per gli effetti della luce e per il modo in cui questi vengono percepiti. Tra gli artisti che utilizzano la luce come mezzo o come fonte d’ispirazione per il loro lavoro saranno presenti in mostra Larry Bell, Robert Irwin, Bruce Nauman, Maria Nordman, Eric Orr, James Turrell e Doug Wheeler. Attraverso diversi punti di vista questi artisti hanno ricostruito ambienti in cui semplici stimoli sensoriali quali luce e suono diventano palpabili e riconoscibili. Questi artisti sono infatti interessati a mettere in discussione l’isolamento dell’opera d’arte tradizionale trattandola invece come parte di un ambiente architettonico, urbano o naturale più ampio.

Venice/Venezia: arte californiana della Collezione Panza al Museo Guggenheim è sponsorizzata da Deutsche Bank.

Il famoso collezionista italiano Giuseppe Panza di Biumo cominciò la sua rara collezione nel 1956 insieme alla moglie. La raccolta è diventata presto la più ambiziosa collezione di arte americana del dopoguerra. Nel 1991 e 1992 la Fondazione Guggenheim ha avuto la fortuna di entrare in possesso, tramite acquisizioni, donazioni e prestiti, di un’ampia selezione di opere di questa impareggiabile Collezione. “La Collezione Panza – ha commentato Thomas Krens, Direttore della Fondazione Solomon R. Guggenheim – è senza dubbio la più significativa raccolta che documenti gli importanti traguardi artistici degli anni ‘60 e ‘70. Siamo lieti di poterne presentare una selezione al pubblico italiano ed internazionale e così facendo di festeggiare l’acutezza ed il generoso supporto del Dottor Panza e di sua moglie. Questa mostra, insieme alla presentazione di altre cento opere della Collezione al Museo Guggenheim Bilbao questo autunno, è un’opportunità senza precedenti per vedere una parte consistente della raccolta. Questo evento rappresenta inoltre un tanto anticipato risultato della collaborazione tra Guggenheim e Panza cominciata più di dieci anni fa”.

Venice/Venezia è curata da Germano Celant, Senior Curator of Contemporary Art, con Susan Cross, Assistant Curator. La mostra presenterà al pubblico l’ineguagliata visione del collezionista Panza attraverso i lavori stimolanti ed innovativi di una generazione di artisti che ha cambiato il corso dell’arte contemporanea e che Panza per primo ha promosso sia negli Stati Uniti che in Europa. A metà degli anni ‘70 Panza ha ulteriormente ampliato il suo impegno commissionando diverse installazioni luminose a Irwin e Turrell oltre ad una interperformative sculpture a Maria Nordman, per la villa di famiglia a Varese. Queste opere sono ora definitivamente in prestito dal Museo Guggenheim al FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano - che gestisce Villa Menafoglio Litta Panza e la collezione. Entrambe apriranno al pubblico il prossimo 15 settembre, 2000.

“Il viaggio di Panza dall’Italia agli Stati Uniti alla scoperta dell’arte da una costa all’altra, da New York a Los Angeles – dichiara Celant – è sempre stato all’insegna di un’aspirazione a trovare il suono interno di ricerche visive. La sua curiosità estetica è sempre andata all’essenza, là dove il tempo e lo spazio si dissolvono e producono un’energia primaria che è soffio e luce abbagliante, ultrachiara e ultrasensibile. L’idea è di ricercare un mistico approdo tra energie contrastanti, qualcosa che metta in dialogo l’esperienza e lo spirito, dove conti il punto zero del silenzio e dell’irradiazione luminosa. Un’unione tra territori diversi che vanno da costa a costa, da cultura a cultura, da Milano a New York, dal cielo di Venice, California a quello di Venezia, Italia”.

La Collezione Panza è uno spartiacque nella storia dell’arte. Nell’ambito dei cambiamenti politico-culturali intercorsi negli anni ‘60 il mondo artistico divenne un luogo di trasformazione per quegli artisti che intendevano cambiare la natura e il contenuto dell’arte stessa, i suoi scopi e il modo in cui il pubblico la percepisce. Sulla scia dell’Espressionismo Astratto i minimalisti considerarono l’arte nelle sue forme più essenziali, accentuando il significato delle sue qualità fisiche e materiali e rifiutandone le nozioni romantiche dell’originale e dell’impronta dell’artista. Gli artisti concettuali investigarono ulteriormente il valore di oggetti singoli, iniziando a realizzare opere che enfatizzavano l’idea rispetto all’opera fisica. Gli artisti ambientali, “perceptual” e “light-and space”, le cui opere sono esposte alla Collezione Peggy Guggenheim contribuirono a questa smaterializzazione dell’oggetto attraverso l’impiego o l’assenza di luce e suono come mezzo artistico, dapprima insieme ad altri materiali e poi come contenuto dell’opera stessa. Queste opere sottolineano l’esperienza percettiva del soggetto osservante stimolando la sua autoconsapevolezza. Le opere mettono spesso a fuoco una particolare esperienza, portando i confini dell’arte ad includere quelli di una stanza o di uno spazio. Sono qui esposti alcuni oggetti scultorei a dimostrazione dell’interesse degli artisti a interagire con l’osservatore e lo spazio circostante. In occasione di questa mostra Maria Nordman costruirà un’opera da un suo disegno del 1968-1969. Altri ambienti-luce, alcuni dei quali realizzati per siti specifici, saranno illustrati da disegni o progetti degli artisti.

Senza titolo (Cubo da 20 pollici), 1968, di Larry Bell, un cubo di vetro trattato con un rivestimento metallico, ha una sfumatura brunastra che non oscura la trasparenza del materiale ma la differenzia dalla base in plexiglas trasparente su cui poggia. Il cubo sembra sospeso a mezz’aria ma assume una propria solidità mutando aspetto a seconda che i visitatori osservino la propria immagine riflessa o guardino attraverso il cubo. La luce penetra e viene riflessa dal cubo diventando parte integrante, insieme allo spazio circostante, dell’opera.

Il Disco di plastica, 1968-69, di Robert Irwin è un tondo in acrilico che confonde ulteriormente i confini tra oggetto e ambiente. Installato a una certa distanza dalla parete e illuminato da quattro lampade a incandescenza, sembra aleggiare nella stanza. I bordi si confondono nelle quattro ombre sovrapposte disegnate dalla luce, e l’osservatore non riesce a differenziare l’oggetto fisico dallo spazio circostante.

Performance-box illuminata, 1969, di Bruce Nauman è una scatola verticale in alluminio alta quasi due metri, dentro la quale è nascosto un faretto da 1000 watt che proietta un riquadro di luce sul soffitto soprastante. L’attenzione dell’osservatore si sposta continuamente dalla luce all’oggetto nel tentativo di ricreare una immagine mentale della lampada nascosta, e quindi di collegare il visibile all’invisibile portando l’opera a conclusione. A questa azione si riferisce la “performance” del titolo.

Eric Orr è rappresentato sia da una scultura che da alcuni disegni relativi ad alcuni suoi ambienti-luce più grandi, quali Massa zero, una stanza ellittica di carta o stoffa la cui illuminazione è filtrata da queste pareti traslucide. I visitatori sono dapprima immersi nell’oscurità e impossibilitati a vedere, e col trascorrere del tempo i loro occhi si adattano all’oscurità e riescono lentamente a percepire la luce nello spazio, nonostante la curvatura degli angoli neghi il senso di profondità. L’artista definì questa stanza “il vuoto”.

Confine luminoso, qui esposta, illustra l’interesse di Orr per gli effetti trascendentali della luce. L’opera, un pannello in bronzo dorato di quasi un metro d’altezza, emette un fascio di luce intensa attraverso una stretta fessura al centro. La giustapposizione tra la luminosità naturale della doratura e la luce fluorescente dietro il pannello nasce dal fascino di Orr per i tentativi alchemici di trasformare il vile metallo in oro.

Tra i disegni qui esposti di Maria Nordman è incluso il progetto per l’opera realizzata Villa Menafoglio Litta Panza: all’entrata della villa, uno spazio, un tempo adibito a stalla, è suddiviso in tre stanze, a dimensione d’uomo, con due porte e due canali paralleli per il trasporto della luce e del suono. Ogni porta ha una finestra specchio che riflette la persona e lo sfondo prima che entrino nella stanza più grande. L’esperienza di questo spazio è diversa per ogni visitatore e dipende dal sole, dal momento della giornata, e dal tempo che ognuno decide di rimanere nello spazio. Questa decisione rende l’opera una scultura interagente, una interperformative sculpture, illuminata dal sole, come sola fonte di luce, e toccata dai suoni di quel momento. Tra le domande suscitate dall’opera c’è cosa è materiale e cosa immateriale.

Una nuova opera per Venezia: in occasione di questa mostra Nordman ha realizzato insieme a numerosi artigiani Veneziani una interperformative sculpture concepita più di trent’anni fa, Senza titolo 1968-2000. Prima di venire esposta sulla terrazza sul Canal Grande della Collezione Peggy Guggenheim, dalle ore 13.00 di venerdì 1 settembre all’alba di lunedì 4 settembre 2000 l’opera è presentata in Campo San Barnaba, a Venezia, con il Patrocinio del Comune di Venezia, Assessorato alla Cultura. Si tratta di un’opera il cui luogo d’azione può essere sia un museo, dove i visitatori si aspettano di incontrare delle opere d’arte, sia l’ambiente esterno dove le persone vanno e vengono, oppure abitano e lavorano, proprio come Campo San Barnaba a Venezia. Qui l’opera rimane aperta 24 ore continuativamente, coprendo così un intero ciclo solare, all’interno del quale non esiste alcuna gerarchia temporale per il visitatore (Nordman usa unicamente la luce solare, attirando così l’attenzione sulla relatività delle mutevoli condizioni percettive). Col trascorrere del tempo il significato dell’opera si crea grazie all’incontro con le persone.

James Turrell presenterà Afrum I, 1967, l’opera più vecchia in mostra. Si tratta di un riquadro di luce proiettato nell’angolo di una sala buia, una installazione dedicata a come la luce è percepita. Nonostante la luce sia una proiezione bidimensionale, l’osservatore la vede come un cubo tridimensionale. Se il tondo di Irwin smaterializza l’oggetto, l’opera di Turrell materializza la luce.

Per le loro dimensioni, gli ambienti di Doug Wheeler non possono essere ricreati qui a Venezia, dove sono invece esposti i suoi illuminanti disegni. Ispirato in parte dal deserto e dal cielo dell’Arizona, l’opera PSAD Synthetic Desert III, 1971, ricrea il senso di una solidità luminosa che aleggia in uno spazio interno. L’artista ha comunque chiarito che il tema della sua opera non è l’illusione, bensì il tentativo di presentare gli effetti della luce. Proprio come Massa zero, di Orr, molte opere di Wheeler, incluso Lumineferous Space, 1968-75, sono basate sull’effetto Ganzfeld (un campo visivo privato di punti si riferimento per l’osservatore). Camminando all’interno di un’opera di Wheeler i visitatori spesso pensano di essere entrati in uno spazio infinito e talvolta esitano per paura di camminare oltre delimitazioni e confini invisibili.

Questa importante mostra farà conoscere al pubblico italiano il contributo significativo di questi artisti californiani allo sviluppo dell’arte contemporanea, e il profondo impatto di Panza sul portare a conoscenza e stimolare la comprensione di queste opere complesse. Un catalogo illustrato accompagnerà la mostra, con saggi di Germano Celant e Giuseppe Panza di Biumo e schede relative ad ogni singolo artista. Il catalogo (in inglese e italiano) è pubblicato dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim.

L’esposizione ed il suo catalogo introducono una serie di esposizioni che presentano, questo autunno, le opere della Collezione Panza di proprietà Guggenheim. Una parte importante della Collezione, acquistata, donata o in prestito, sarà esposta in tre sedi spettacolari. La prima di queste, con ‘Venice/Venezia: arte californiana della Collezione Panza al Museo Guggenheim’ alla Peggy Guggenheim Collection, è il Canal Grande. La seconda è l’ex casa di Panza, Villa Litta a Varese, ora di proprietà del FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), dove diverse opere realizzate espressamente per quel luogo (tra le quali installazioni di Robert Irwin, Maria Nordman, e James Turrell tutte esposte nella corrente mostra) sono stata concesse in prestito permanente dal Solomon R. Guggenheim Museum. La terza sede, e forse la più sensazionale, è il Museo Guggenheim di Bilbao dove ‘Changing Perceptions: The Panza Collection at the Guggenheim Museum’ con più di 100 opere di 22 artisti, aprirà in ottobre. I cataloghi che accompagnano queste tre mostre vanno ben oltre il riassunto di un singolo progetto e rappresentano invece il più esaustivo esame scientifico esistente ad oggi sulla Collezione Panza alla Fondazione Guggenheim.

I programmi della Collezione Peggy Guggenheim sono resi possibile grazie al sostegno del Comitato Consultivo della Collezione Peggy Guggenheim, della Regione Veneto, di Alitalia e Intrapresæ Collezione Guggenheim.