7 giugno - 5 ottobre 1997

La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia inaugurerà il 7 di Giugno 1997 una mostra costituita da cinquanta e più dipinti tra i più rappresentativi della carriera artistica del pittore americano Stuart Davis (1882-1964). È questa la prima retrospettiva mai allestita in Europa dedicata all’opera di un artista che negli Stati Uniti è tra i più rispettati, degno di esser considerato il maggior pittore del modernismo americano prima dell’avvento degli espressionisti astratti, eppure quasi sconosciuto in Europa.

La carriera artistica di Davis è durata più di cinquant’anni. Ancora giovane (17 anni) lasciò la scuola superiore per studiare pittura con Robert Henri, figura di primaria importanza della Scuola Ashcan. Come l’amico suo coevo Joan Sloan, Davis dipingeva scene realiste che raffiguravano le variopinte strade operaie e i locali jazz di Newark e New York, mostrando subito un’attenzione particolare alle questioni formali. Nel 1913 partecipò all’Armory Show, che gli rivelò l’arte dell’avanguardia europea. Dopo un periodico di preparazione durato fino ai primi anni ’20, durante il quale assimilò il postimpressionismo di artisti come Munch, Gauguin e Van Gogh, e soprattutto il cubismo sintetico di Picasso e Braque, realizzò una prima serie di opere sorprendenti, delle nature morte dedicate al tema del tabacco, utilizzando motivi tratti dai pacchetti di sigarette. Alcuni anni più tardi Davis si avvicinò ancor più all’astrazione con la serie degli Egg Beater (frullini per sbattere le uova), che risultò dalla rielaborazione di una natura morta su un tavolo da cucina con colori vivaci e forme semplificate, e lo spazio compresso e soffocante del cubismo sintetico. Nel 1928, grazie a Gertrude Vanderbilt Whitney, soggiornò a Parigi, dove si rafforzò la sua convinzione di dover trasformare il proprio modo di percepire l’ambiente circostante in dipinti che esprimessero la sintassi modernista. La percezione di Davis del proprio ambiente era fortemente influenzata dal suo amore per le scene urbane e rurali, dalla sua passione per il jazz, e dall’essersi appropriato dell’iconografia della grafica commerciale e pubblicitaria a lui contemporanea, delle insegne dei negozi e dei locali, e dei recenti mezzi di trasporto di massa.

A partire dalla fine del 1929, durante il difficile periodo della Depressione Davis partecipò attivamente alle cause che coinvolgevano il mondo dell’arte e ai programmi governativi di sostegno agli artisti. Nel 1932 gli fu commissionato un murale per il Radio City Music Hall, New York, il primo dei numerosi dipinti murali della sua carriera. Nel frattempo le opere di Davis si erano evolute verso uno stile decisamente “jazzistico”, con una tavolozza dai toni alti e un repertorio di forme che spesso comprendeva anche le parole, la cui arguzia era espressa anche dagli stessi titoli. Riscuotendo un successo pari a quello di altri pittori modernisti del tempo, nel 1948 Davis fu nominato uno dei dieci migliori artisti viventi americani da una giuria di critici e direttori di musei. Negli anni ‘50 e ‘60 Davis continuò a dipingere secondo il proprio stile astratto che traeva origine dagli stimoli visivi dell’ambiente circostante e che comprendeva la rielaborazione di immagini realizzate nei primi anni di carriera artistica, a testimoniata di quel che definì “la Sorprendente Continuità”. Questi furono gli anni di capolavori quali The Mellow Pad (1945–51, The Brooklyn Museum), Little Giant Still Life (1950, Virginia Museum of Fine Arts), Rapt at Rappaport’s (1952, Hirshhorn Museum, Washington, D.C.), Something on the 8 Ball (1953-54, Philadelphia Museum of Art) e Int’l Surface No.1 (1960, National Museum of American Art, Washington, D.C.), tutti esposti in questa mostra. Il dominio nell’arte americana del dopoguerra dell’astrazione introspettiva della New York School, nelle sue differenti espressioni, da De Kooning a Pollock, e il dominio acquisito da questa avanguardia nella percezione europea dell’arte americana potrebbero spiegare perché Davis sia stato così ingiustamente trascurato dalla cultura europea di fine secolo. Davis fu un grande pensatore e un grande leader che contribuì ad affrancare l’arte americana da un ruolo provinciale, alla morte di Davis, avvenuta nel 1964, Brian O’Doherty lo definì “uno di quella limitata cerchia di grandi pittori che l’America abbia generato […] sempre attuale. Qualunque cosa accadesse nel mondo dell’arte sembrava trovare un precedente nella sua pittura”.

Le opere sono state concesse in prestito del Lascito Stuart Davis, da 27 Musei (25 collezioni pubbliche americane), e da vari collezionisti privati.

Il catalogo della mostra, nelle edizioni in lingua inglese e in lingua italiana, è pubblicato da Electa (Milano), ed include saggi di autorevoli studiosi della vita e dell’arte di Davis: Lewis Kachur (Le immagini-parola di Stuart Davis), Wayne Roosa (“La Sorprendente Continuità”: i diari di Stuart Davis) e Karen Wilkin (Stuart Davis: un pittore americano). Sono inclusi altri saggi di Rudi Fuchs (Stuart Davis: un commento europeo), e Federica Pirani (Un Americano a Venezia: Stuart Davis alla XXVI Biennale), mentre del crititico musicale Ben Sidran è Il jazz di Stuart Davis. Il catalogo comprende inoltre un’intervista con Stuart Davis finora inedita (1956), un’intervista con Piero Dorazio, e una selezione di scritti dello stesso Davis a cura di Diane Kelder, che ha inoltre redatto le schede delle opere.

Dopo Venezia, la mostra si sposterà a Roma, Palazzo delle Esposizioni: 22 ottobre 1997 – 12 gennaio 1998; Amsterdam, Stedelijk Museum: 1 febbraio – 19 aprile 1998; Washington, DC, National Museum of American Art: 22 maggio – 7 settembre 1998.

La mostra è stata organizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, in Collaborazione con il Lascito Stuart Davis, le Salander O’Reilly Galleries, New York, il National Museum of American Art (Smithsonian Institution), Washington, D.C.

Vettore ufficiale: Alitalia
Con la collaborazione di Ammirati Puris Lintas, Milano

Le esposizioni della Collezione Peggy Guggenheim sono rese possibili dal sostengo della Regione Veneto e di Intrapresæ Collezione Guggenheim: Aermec, Arclinea, Barbero 1891, Bisazza Mosaico, Cartiere Miliani Fabriano, DLW AG, Gruppo 3M italia, Gruppo Imation Italia, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Luciano Marcato, Rex Built-in, Sàfilo Group, Swatch, Wella.