Nuove sculture alla Collezione Peggy Guggenheim
4 luglio--Giovanni Carandente e Luca Massimo Barbero presentano sculture di Alexander Calder, Maurizio Nannucci, Isamu Noguchi, David Smith, Giuseppe Spagnulo
Cinque nuove sculture di alcuni tra gli scultori più rappresentativi del XX secolo sono esposte nei giardini della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. La Collezione Peggy Guggenheim diventa così il maggiore museo italiano per quanto concerne la scultura moderna, l’unico dove si possono ammirare sculture che spaziano da Alberto Giacometti e Jean Arp a Jenny Holzer e Fabrizio Plessi, da Henry Moore e Marino Marini a Anthony Caro. Le nuove sculture ora esposte sono degli artisti statunitensi David Smith, Isamu Noguchi e Alexander Calder, oltre agli artisti italiani, Giuseppe Spagnulo e Maurizio Nannucci, questi ultimi tra i maggiori scultori italiani viventi.
Il 4 luglio 2004, alle 11.30, presso la Collezione Peggy Guggenheim, Giovanni Carandente, già direttore della IV Festival dei Due Mondi di Spoleto (1962) e della Biennale di Venezia (1988, 1990), e Luca Massimo Barbero, curatore della Collezione Peggy Guggenheim, presenteranno le opere al pubblico e alla stampa.
Il Giardino delle Sculture alla Collezione Peggy Guggenheim è divenuto negli anni uno dei punti di forza del museo. Se già nel 1985 Luciano Minguzzi aveva donato Due figure (1950-52), nel 1989 Mario Merz aveva installato una suo neon, Se la forma scompare, la sua radice è eterna (1982-89), lungo il muro di cinta del giardino. Nel 1995 fu quindi siglato l'accordo con la Fondazione Patsy e Raymond Nasher di Dallas, Texas, grazie al quale opere della Collezione Nasher vengono esposte in quello che ora viene appunto indicato come il Giardino delle Sculture Nasher. A partire dal 1999 numerose sculture sono state inoltre donate alla Collezione per essere esposte negli spazi esterno, come le sculture di Anthony Caro, Jenny Holzer, Barry Flanagan, Mimmo Paladino, Bryan Hunt seguite, di recente, da opere di Mirko (Basaldella) e Yoko Ono. Tutte queste opere affiancano ora le sculture della Collezione Peggy Guggenheim (Max Ernst, Raymond Duchamp-Villon, Henry Moore, Takis, Rosalda Gilardi, Germaine Richier, Jean Arp, Alberto Giacometti) e quelle della Collezione Nasher (Antoine Pevsner, Joel Shapiro e Ulrich Rückriem).
Sabot, un grande stabile (forma eretta senza base) nero del 1963 di Alexander Calder (1898-1976), è esposto sulla terrazza del museo prospiciente il Canal Grande, poco lontano dal suo mobile del 1941, Arco di petali, esposto nel salone d’ingresso ed acquistato da Peggy Guggenheim direttamente dall’artista. Sabot proviene dalla Fondazione Alexander Calder, New York. Calder (1898-1976) è meglio conosciuto per i suoi mobile: costruzioni sospese, in filo metallico, che riuniscono colore, movimento e casualità. Influenzato da Picasso, Mondrian, Miró e González, Calder infuse al metallo la
vita. Dopo aver rappresentato gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia del 1952, quando gli fu assegnato il Gran Premio per la scultura, fu invitato nel 1962 dal governo italiano a creare una scultura per il IV Festival dei Due Mondi di Spoleto, diretto da Giovanni Carandente: in quella occasione creò un enorme stabile per la Piazza della Stazione, Teodelapio, che donò alla città.
Un’opera del 2003 in neon bianco di Maurizio Nannucci (n. 1939), Changing Place, Changing Thoughts, Changing Time, Changing Future un prestito a lungo termine, commissionata per una recente esposizione organizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim al Foro Boario di Modena, è installata sulla parete adiacente il Museum Café ed invita il pubblico a riflettere oltre il significato letterale dell'iscrizione. Fin dagli anni '60 le opere di Nannucci hanno esplorato le relazioni tra arte e spazio, parola e immagine, percezione e immaginazione, impiegando una varietà di tecniche, dalla fotografia al video, dai libri alle installazioni. I rapporti instaurati durante la metà degli anni '60 con gli artisti di Fluxus e Concrete Poetry approfondirono l'interesse di Nannucci per l’arte concettuale. Nannucci è forse meglio conosciuto in Europa per le opere all’Auditorium di Roma e al Parlamento di Berlino.
Odalisca (1982) è una delle due opere provenienti, in qualità di prestito a lungo termine, dalla Fondazione Isamu Noguchi, Long Island City, New York, ed è esposta nel cortile interno del museo. Isamu Noguchi (1904-88) qui riduce uno dei motivi figurativi del XIX secolo alle sue forme più elementari in pietra, conferendogli un aspetto pressoché naturale. Anche Noguchi, proprio come Calder, suo grande amico, si formò a Parigi. A partire dalla fine degli '20 si stabilì invece a New York. Nel 1962 lavorò all’Accademia Americana di Roma ad una serie di sculture in marmo di Querceta, un progetto che completò durante la decade successiva ritornando nella città ogni anno. I rapporti di Noguchi con l’Italia furono duraturi: nel 1968 creò Octetra, una scultura modulare per bambini installata davanti alla cattedrale di Spoleto; nel 1979 progettò, con l’architetto Kenzo Tange, la Piazza Finanziaria per la Fiera di Bologna; nel 1986 rappresentò gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia. Una seconda opera di Noguchi è esposta nelle sale del museo, Erodiade: Specchio (Torso) (fusione del 1994), una figura astratta, biomorfa, in bronzo, originariamente concepita per la scenografia del balletto Salomè di Martha Graham.
Sentinella V (1959) di David Smith (1906-65) è invece arrivata a Venezia da Bolton Landing grazie a una collaborazione quinquennale instaurata con la Fondazione dell’artista. L'opera è esposta nel giardino interno del museo e affianca Odalisca di Noguchi e le sculture di Moore, Giacometti e Arp. L'opera di Smith appartiene a una serie di nove sculture verticali in acciaio inossidabile, che seppur astratte richiamano forme figurative. La scultura interagisce con l’ambiente circostante e la sua superficie riflette la luce a seconda dei mutamenti del cielo. Smith è considerato il maggiore scultore della generazione degli espressionisti astratti americani. Le sue opere furono esposte alla Biennale di Venezia del 1954 e del 1958. Proprio come Calder, Smith fu invitato da Giovanni Carandente a partecipare al Festival dei Due Mondi di Spoleto del 1962, un'occasione che stimolò una straordinaria esplosione di creatività e uno dei periodi più produttivi dell'artista, che in soli 30 giorni realizzò 27 sculture in metallo, esposte poi nell’anfiteatro romano di Spoleto.
Giuseppe Spagnulo, nato nel 1936 a Grottaglie (Taranto), uno dei centri italiani della ceramica, si concentrò sin dagli inizi della sua carriera artistica sugli aspetti materici della terra. Appresa dal padre la lavorazione della terracotta, si dedicò alla lavorazione del legno e infine a quella del metallo. Lo stile di Spagnulo è stato spesso definito astratto, ma più che a rifiutare l’arte figurativa il suo operato è volto ad esplorare la fisicità dei materiali per creare volumi che dominino lo spazio. Alla fine degli anni '60 Spagnulo iniziò una serie di imponenti sculture verticali in metallo, concepite per alterare l’ambiente circostante invadendo lo spazio pubblico con un gesto autoritario. A questa fase della sua opera appartiene Colonne (1999), cortesemente prestata da Grossetti Arte Contemporanea di Milano.
Institutional Patrons: Banca del Gottardo, Regione del Veneto.
Le iniziative della Collezione Peggy Guggenheim sono rese possibili dal Comitato Consultivo della Collezione Peggy Guggenheim e Intrapresæ Collezione Guggenheim.