Bice Lazzari alla Collezione Peggy Guggenheim
Durante il mese di aprile 2002, nell’ambito del secondo allestimento della mostra “Temi e variazioni”, sarà allestita una sala monografica che ospiterà una rigorosa selezione di opere di Bice Lazzari (Venezia 1900 - Roma 1981).
Questo omaggio assume una particolare importanza in virtù di due motivi specifici. Da un lato si tratta di un’importante occasione per presentare al pubblico internazionale una protagonista delle avanguardie astratte italiane che, dopo aver attraversato e segnato con la sua opera il secolo appena trascorso, per un lungo periodo e per la sua natura riservata, è stata spesso trascurata dalla critica. L’occasione è ancor più significativa per l’importante donazione da parte dell’Archivio Bice Lazzari di Roma di due opere fondamentali dell’artista, Quadrato Rosso del 1929 (Acquarello su carta, 11.7 x 23.5 cm) e Esperienze del 1958 (Olio su tela, 116 x 130 cm) che completeranno la sezione dedicata all’arte italiana delle collezioni della Fondazione Guggenheim.
Philip Rylands, Direttore della Collezione Peggy Guggenheim commenta “La Fondazione ha posto come obiettivo il rafforzamento della presenza dell’arte italiana nelle sue collezioni e questa donazione rispecchia i criteri di qualità e di importanza storica sulle quali questo progetto si basa. Sono felice e grato all’Archivio Bice Lazzari in quanto questa donazione ripropone le origini astratte della collezione di Solomon R. Guggenheim, i gusti di Peggy Guggenheim, e gli scopi culturali dei loro musei”.
Il percorso artistico di Bice Lazzari sarà testimoniato da oltre venti opere: preziosi studi di ridotte dimensioni, sospesi tra composizioni per arte decorativa e pittura, daranno la possibilità di riscoprire per la prima volta uno dei personaggi meno noti dell’arte astratta italiana. Sarà infatti possibile vedere in progressione, a partire dal primo disegno astratto Atrazione di una linea 2, 1925, l’evolversi della sua opera, segno dopo segno sino alla fine degli anni ‘40. Oltre a Quadrato Rosso, 1929, ideale contrappunto ai grandi astrattisti esposti nelle sale del museo, sarà presentata anche la seconda donazione, Esperienze (1958). Quattro opere degli anni ‘60 -‘70 daranno una sintetica idea dell’evoluzione dell’arte di Bice Lazzari. Un Autoritratto dell’artista del 1929 aprirà l’esposizione.
Bice Lazzari nasce e si forma a Venezia in un ambiente d’inizio secolo particolarmente ricco e stimolante. Unitamente agli studi musicali al Conservatorio inizia a dipingere già nei primi anni ‘20, partecipando attivamente al clima lagunare della Scuola di Burano ed alle manifestazioni che gravitavano intorno a Ca’ Pesaro. Dopo un esordio figurativo del 1925 presto maturatosi e concluso, ove inizia un breve interessamento per la struttura ed il decoro futurista, a partire dalla fine degli anni ‘20 il suo lavoro compie una svolta determinante verso gli stilemi e la ricerca astratta. Sono gli anni in cui nascono le prime opere esposte, tra cui Natura e Colori, Traccia Nera e I quadrati. Sono queste opere gli emblemi del suo percorso astratto: composizioni poetiche ove il rigore della geometria ed una prima sensazionalità del colore si stemperano in linee sempre più aperte, meno definite, accompagnate e sospese nei morbidi toni dei campi cromatici. In questa maturazione straordinaria giocano un importante ruolo la frequentazione e le discussioni culturali che l’artista ha costantemente con alcuni personaggi chiave dell’avanguardia italiana tra cui Carlo Scarpa, il pittore Mario Deluigi e poi, successivamente, l’architetto Lapadula.Tutta la vicenda della sua opera sembra accompagnata da questa ambiguità, una costruzione astratta che si allontana dall’ortodossia geometrizzante per aprire alla poesia della pittura e del colore. Contemporaneamente ogni singola opera è ancor più sospesa nell’ambivalenza dell’essere opera compiuta e bozzetto per arte decorativa, collocando Bice Lazzari, trasferitasi già nel 1935 a Roma, in quel contesto internazionale delle grandi interpreti femminili dell’astrazione del XX secolo, da Anni Albers a Sophie Tauber e Sonia Delaunay. Forse fu proprio questa sua collocazione indipendente, isolata, che peraltro la vide protagonista del mondo delle arti italiane con diverse mostre negli anni ‘30 e la partecipazione alla Esposizione Internazionale di New York del 1939, ad astrarla dal mondo e dal sistema della critica e del mercato della pittura. Una grande antologica che restituisca la figura complessa di questa artista restituirebbe alla storia dell’arte sicuramente una delle più articolate menti creatrici del secolo appena trascorso. Infatti, oltre alle opere compiute prima dell’avvento della seconda guerra mondiale, i grandi cicli di decorazione, gli oggetti i tessuti, mosaici o pannelli eseguiti per importanti studi d’architettura, saranno gli anni ‘50 a vederla intraprendere un cammino consapevole e completo verso l’arte astratta che, con nuovi esperienze, sensazioni, pitture transita verso l’Informale. Il suo linguaggio passa lentamente da una costruzione razionale ad una decostruzione sapiente ed elegante dello spazio del dipinto, ad un disfacimento delle forme per “allagamento” della pittura. Si giunge così ad opere come Esperienze (1958), l’opera donata alla Collezione Peggy Guggenheim, ove la sapiente costruzione della materia, con sabbie, gessi e colle, presenta al visitatore un mondo informale composto dal suono “arrugginito” del fondo tonale acceso da segni, tracce colorate che vibrano musicalmente verso la superficie. Un percorso che continuerà coerentemente sino alla morte avvenuta a Roma nel 1981.
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