Quattro laboratori gratuiti condotti da altrettanti artisti accomunati da un approccio autentico, credibile e trasparente, e da una sensibilità verso l’arte pubblica e la social practice per coinvolgere il pubblico più giovane in processi di cambiamento.

La Collezione Peggy Guggenheim, con la partecipazione di Swatch Art Peace Hotel, lancia un ciclo di quattro workshop dedicati agli young adult condotti da artisti di respiro internazionale. Come suggerisce il titolo, la sfida è superare la condizione presente, andare oltre e farlo tramite la pratica artistica. I laboratori sono immaginati come attivatori virtuosi di meccanismi di ricaduta sulla comunità e come i catalizzatori di azioni volte alla riappropriazione degli spazi pubblici e alla ridefinizione dei paradigmi sociali.

Servire il futuro invece di registrare il passato.

Peggy Guggenheim, Comunicato stampa, Art of This Century, New York, 1942

Il progetto è tanto più significativo se si considera l’esperienza che la società sta vivendo a livello globale e che ha portato a riformulare le priorità di intere comunità. La pratica messa in atto per i laboratori è formulata nel massimo rispetto delle misure rese necessarie dalla situazione attuale, come il distanziamento sociale, il contingentamento per l’accesso agli spazi, il divieto di assembramenti e le modalità di incontro da remoto. Per questo, tutti i laboratori sono stati studiati in forma ibrida, combinando momenti online e appuntamenti offline in presenza.

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alice pasquini
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S.O.B.

Jan Vormann

Jan Vormann: "Castelli di vetro"

IL LABORATORIO

Al mondo ci sono più soluzioni che problemi, ma Jan Vormann ritiene che per ogni problema esista almeno una soluzione. E così la domanda che si pone è come superare le difficoltà nella maniera più gradevole, elegante ed efficace. Ora che siamo tutti connessi con il resto del mondo attraverso varie modalità, siamo inondati da nuove problematiche che sembrano nascere come funghi. Le soluzioni tradizionali devono adattarsi di continuo a paradigmi che mutano costantemente: nuove soluzioni devono essere continuamente trovate per rimanere al passo con le sfide contemporanee, e il discorso pubblico deve essere rivalutato e rinegoziato quasi su base quotidiana.

Nel corso del laboratorio saranno prese in esame le modalità di comunicazione degli spazi pubblici, soprattutto attraverso un materiale specifico: il vetro. Verranno esplorate tutte le sue proprietà, la sua bellezza, pura o in frantumi, la sua capacità di farsi trasparente o di ostruire e occultare la visione. Verranno discusse problematiche che possono essere comprese a livello locale e globale e, se possibile, affrontate soffiando, fondendo, incollando o rompendo il vetro.

L'ARTISTA

Jan Vormann è un artista, ricercatore, docente e uno dei fondatori di T10 Studios, Berlino. Ha studiato arti visive alla Kunsthochschule Berlin-Weißensee, Germania, e arte monumentale alla Stieglitz Academy of Fine Arts di San Pietroburgo, Russia. Ha insegnato New Media/ Interaction Design (IXD) al New Media/ IXD Department della BTK University, Berlino, e tenuto numerosi laboratory e conferenze in molte istituzioni, come Parsons School of Design, Parigi, ARCAM Amsterdam Institute for Architecture, e Kunsthochschule Burg Giebichenstein, Halle.

Oltre a interventi in spazi pubblici in molti paesi, ha esposto a livello internazionale: la Biennale di Venezia di Arti visive (2011) e di Architettura (2018), Ars Electronica a Linz (2010), Nuits Blanches a Parigi (2014), Humboldt Forum/ Altes Museum, Berlino (2009). I suoi progetti sono stati pubblicati a livello Internazionale, inclusi su “Le Monde”, “The New York Times Mag”, “Deutsche Welle”, e “Financial Times Deutschland”.

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Alice Pasquini

Alice Pasquini. "Oltre il muro: arte e contesto"

IL LABORATORIO

Il laboratorio si propone di creare un’occasione di riflessione sulla trasformazione e il recupero urbano attraverso lo studio di diverse tecniche e la progettazione di una o più opere di arte pubblica. Si esaminerà cosa significa “fare” Street art, sotto quali forme la Street art si manifesta e quale sia stata l’evoluzione di questo linguaggio artistico dagli anni '50 sino a oggi. Si impareranno le relative tecniche di pittura, come gli stencil e l’uso di bombolette spray. I momenti di incontro si svilupperanno con una parte introduttiva, teorica e di confronto, e una parte pratica che avvicini i partecipanti a prendere confidenza con le tecniche e gli strumenti di lavoro. Da questi incontri nascerà l’idea dell’opera (immaginaria o digitale) che dovrà non solo essere un’espressione artistica, ma anche parlare alla cittadinanza, raccontare una storia e avere una funzione pubblica creativa.

La Street art è per sua natura sociale. È visibile da tutti, può veicolare messaggi, e quando porta a opere realizzate con l’intento di dare nuova vita a luoghi di degrado diventa un regalo per tutta la città. Nel corso del laboratorio si cercherà di prendere coscienza del modo di operare nel contesto pubblico, sui limiti esistenti tra legalità e illegalità, e delle problematiche tecniche che si possono trovare operando nel contesto urbano. Si cercherà inoltre di stimolare il senso civico e la creatività attraverso un’opera di rigenerazione collettiva e di portare i partecipanti a guardare lo spazio pubblico con un occhio diverso, a studiarne le possibilità attraverso un progetto, e ad applicarsi materialmente per la sua realizzazione.

L'ARTISTA

Alice Pasquini, in arte Alicè, è una street artist, illustratrice e scenografa. Dopo il diploma in pittura all’Accademia di Belle arti di Roma, ha conseguito un master in Critica delle arti all’Università Complutense di Madrid e, nella stessa città, frequentato un corso d’animazione all’Ars Animation School.

Artista poliedrica, ha sperimentato diverse tecniche, generi e mezzi espressivi. È tra le poche esponenti femminili della Street art affermate a livello internazionale. In strada i suoi lavori spaziano dai piccoli interventi su arredi urbani, ai murales di grandi dimensioni. La sua ricerca varia dalla narrazione della vitalità femminile, lontana dallo stereotipo donna-oggetto, alle installazioni con l’uso di materiali inconsueti. I suoi lavori sono visibili in varie città dove è stata chiamata a realizzare opere pubbliche di committenza appunto pubblica, tra cui Amsterdam, Barcellona, Berlino, Buenos Aires, Copenaghen, Londra, Marrakech, Mosca, Napoli, New York, Oslo, Roma e altre ancora. Fra i suoi progetti spicca Under Layers, il primo esperimento di Street art in 3D, realizzato a Ostia (2015). Dal 2015 è coinvolta nella riscoperta e valorizzazione del centro antico di Civitacampomarano, Campobasso, e dal 2016 è direttrice artistica del CVTà Street Fest. Nel 2017 ha partecipato a un Ted Talk.

Ha esposto alla Saatchi Gallery, Londra, all’Ambasciata USA, Roma, al MACRO – Museo di Arte Contemporanea di Roma, al Mutuo Centro de Arte Barcellona, all’Espace Pierre Cardin, Parigi. I suoi lavori sono stati recensiti a livello internazionale.

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Galleria

Cecilia Jansson

Cecilia Jansson: "Esplorare la distanza"

IL LABORATORIO

Il laboratorio affronterà attraverso il disegno il tema del corpo umano inteso come strumento di misura e limite. La distanza sociale messa in atto in questi mesi ha concentrato l’attenzione sui confini del proprio corpo. Si sapeva già che la presenza di un corpo o di una persona può rappresentare per alcuni un vero pericolo, ma per molti lo scoprire che un corpo, anche il proprio, può per qualcuno diventare una minaccia è un’esperienza nuova. Cosa accade quando dobbiamo venire a patti con il fatto che abitiamo corpi mortali e potenzialmente minacciosi? Cosa possiamo trarre da queste esperienze?

Grazie al confronto, a compiti e a esercizi i partecipanti al laboratorio potranno elaborare queste tematiche correnti, offrire le proprie interpretazioni e creare disegni e opere su carta di grandi dimensioni. Le tecniche impiegate saranno il disegno, il collage, l’assemblaggio. I disegni – uno per partecipante– saranno esposti sui muri di Venezia o a terra, come ombre, così da poter interagire tra loro, con la città e i suoi abitanti.

L'ARTISTA

Cecilia Jansson è nota per le sue sculture di ottima fattura, per i ricami e i disegni di grandi dimensioni. Di recente ha ricevuto una sovvenzione dallo Swedish Art Council, ha esposto, insieme a Geoffrey Chadsey, alla Örebro Konsthall, Svezia, e ha partecipato a numerose mostre collettive allo Sculpture Space e InCube Arts, New York; 3:e Våningen, Gothenburg; The Others Art Fair, Torino (2019). Tra le ultime residenze si ricordano Swatch Art Peace Hotel, Shanghai; The Pottery Workshop, Jingdezhen; NARS Foundation e School of Visual Arts, New York; e Guttenberg Arts, New Jersey. Insegna scultura all’Örebro Art College, ha tenuto corsi allo Yunnan Arts Institute, Cina, e stata uno dei giurati dell’OpenArt Biennial, Svezia. Nel 2015 ha partecipato alla Biennale di Venezia per il progetto Swatch Faces 2015.

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S.O.B. Stefano Ogliari Badessi

S.O.B. Stefano Ogliari Badessi: "Chi guarda cosa?"

IL LABORATORIO

Il laboratorio intende approfondire il rapporto con le acque veneziane e onorarle. Poche città al mondo come Venezia, forse nessuna, hanno un rapporto così stretto con l’acqua. Venezia è acqua e viceversa e questo binomio è inscindibile e coinvolge abitanti e visitatori, che entrano in relazione con l’elemento acqua, ma spesso ne sottovalutano l’importanza e la reale potenzialità. Le città sono considerate esseri viventi con una propria anima e senza dubbio l’anima di Venezia fluttua tra le sue acque.

L’installazione materializza due “occhi galleggianti” sulle acque cittadine da trainare lungo i canali. Si tratta di un simbolo complesso, ancora misterioso, ma senza dubbio carico di fascino e significati. Fin dalla notte dei tempi l’uomo è rimasto soggiogato dal potere dello sguardo e alle civiltà mesopotamiche gli occhi sono subito apparsi come un simbolo divino. Amedeo Modigliani spesso dipingeva occhi vuoti e senza iridi e affermava: “Quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi”.

Il laboratorio si terrà con il coinvolgimento dei partecipanti nello sviluppo del progetto, che mira a trasformare materiali di recupero in un’installazione galleggiante. Ai partecipanti verrà presentato il tema, contestualizzandolo con immagini di sculture galleggianti e altre relative alla simbologia dell’occhio nella storia dell’arte, per poi passare alla raccolta dei materiali e quindi al vero e proprio laboratorio, fino alla conclusione dell’opera. L’installazione verrà poi messa in acqua e trainata lungo i canali di Venezia.

L'ARTISTA

Stefano Ogliari Badessi, conosciuto come S.O.B., è un artista nomade di installazioni che trae ispirazione dalla natura e dai sogni. La bellezza è per lui un portale verso territori inesplorati, il nostro subconscio onirico dove ci sentiamo più liberi e vivi e dove la scoperta del sé è maggiormente possibile. L’unicità della sua arte dipende soprattutto dallo studio dei materiali. Le sue installazioni sono la somma di sensazioni – sensuali, eteree, incorporee, universali e illuminanti – sperimentate dentro lo spazio creato. Sono dapprima immaginate come una fantasia che consente di entrare in relazione con ambiti alternativi della realtà e poi realizzate grazie a combinazioni sensoriali uniche e collaborazioni performative.

Le installazioni sono facilmente trasportabili e rispettano l’ambiente e una volta smontate non lasciano alcuna traccia. Il tema del rispetto dell’ambiente è al centro delle nuove opere, che sono create con materiali naturali, come il legno trovato in natura e poi modellato o intrecciato a creare forme di animali, spesso di specie a rischio di estinzione, anche a causa della caccia, o specie che vivono in un ambiente ormai a rischio.

Ha esposto in Europa, in Asia e in America settentrionale, anche in fiere e biennali, come la Biennale di Soncino, Cremona (2015); la Biennale di Venezia di Arti Visive (2015); OpenArt Biennal, Svezia (2017); Scope Art Fair, Miami (2019).

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Il progetto SuperaMenti rientra nella collaborazione con ASviS, e nel Festival dello Sviluppo Sostenibile 2020