L'occhio della mente

Jackson Pollock, Alchimia

Questo dipinto di Jackson Pollock del 1947 è intitolato Alchimia. La tela, alta più di un metro e larga più di due, vista da lontano, appare scura, scandita visivamente da punti e linee di colori vivaci. Avvicinandosi, si nota che è interamente ricoperta da una fitta rete di gocciolature, schizzi e strisce di vernice, sottili e tortuose, di vari colori, tra cui il nero, il giallo, il grigio, il bianco e il rosso. Le gocciolature, larghe solo qualche millimetro, si estendono in altezza e larghezza su tutta la tela e si incrociano formando sulla superficie strati su strati di colore.

La vernice è di diversi tipi: a olio, all'alluminio e a smalto. La varietà conferisce lucentezza o opacità a seconda delle aree del dipinto e dei colori. Lo spessore delle linee varia, come se la pittura fosse stata scagliata sulla tela. In alcune zone la vernice si raccoglie e si accumula. Le linee si stratificano l'una sull'altra, creando l'impressione generale di una superficie scura e strutturata, come un muro su cui vengono iscritti con del colore bianco dei segni spessi. Le grandi dimensioni e lo spesso strato di vernice conferiscono ad Alchimia l'idea di un ambiente o di un paesaggio. Sulla superficie sono presenti ulteriori consistenze: sabbia, sassolini, corde e bastoncini spezzati. Facendovi scorrere un dito si può percepire una topografia molto strutturata. Infatti, l'opera è così stratificata che i conservatori hanno constatato che il tessuto leggero su cui è dipinta può a malapena a sostenere il peso degli strati di pittura e degli altri materiali depositati sulla sua superficie.

L'esperienza visiva dell'opera può apparire caotica, a causa della cacofonia data dalla sovrapposizione di gocce e colori che ricoprono la superficie, ma anche ordinata, composta con cura come una ricetta o una sinfonia. Spontanea ma controllata, la superficie è intessuta di linee distribuite in ogni direzione con una densità che si attenua in prossimità dei bordi. Nell'angolo in basso a destra, si legge "47 Jackson Pollock" scritto con la vernice nera.

È proprio in quell'anno che l'artista sviluppa un modo di dipingere che si allontana dalle convenzioni e dagli strumenti della pittura da cavalletto tradizionale. Stendendo la tela sul pavimento, Pollock vi versa della vernice di tipo commerciale direttamente dal barattolo, oppure usa un bastoncino o un pennello per farla gocciolare sulla tela o gettargliela sopra. Alchimia è uno dei primissimi dipinti eseguiti con questa tecnica del "dripping" o colatura.

Il movimento del corpo dell'artista diventa così parte essenziale del dipinto. "Sul pavimento sono più a mio agio - scrive Pollock - Mi sento più vicino all'opera, quasi ne facessi parte, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorare dai quattro lati e trovarmi letteralmente dentro al quadro". Quest'opera potrebbe farci riflettere sull'energia impiegata nel processo fisico necessario alla sua realizzazione e su come le linee traccino i movimenti del corpo dell'artista durante la sua creazione.

Martha Boto, Struttura ottica

Quest'opera di Martha Boto risalente al 1963 è intitolata Struttura ottica. La scultura è realizzata in acrilico trasparente e misura 31 centimetri per lato e 53 centimetri in altezza. È composta da una cinquantina di dischi trasparenti che appaiono sospesi a mezz'aria, come i pendagli di un lampadario.

Due quadrati neri e piatti di acrilico racchiudono, sopra e sotto, 12 sottili colonne realizzate con barre di acrilico trasparente. Ognuna delle 12 barre, o colonne, è composta da quattro dischi trasparenti impilati verticalmente l'uno sull'altro. Ogni disco misura circa 5 centimetri di diametro e sembra quasi una lente d'ingrandimento o la lente di un paio di occhiali rotondi. Il modo in cui le sagome circolari sono fissate alle sottili barre verticali fa pensare a una giostra.

I dischi o pendagli circolari sono orientati in varie direzioni e accuratamente allineati in modo da risultare simmetrici o speculari lungo l'asse centrale dell'opera. Si può immaginare come la luce attraversi questi 48 dischi e si rifletta, dando vita a un gioco ottico di luce e movimento.

Martha Boto, nata nel 1925 a Buenos Aires, in Argentina, svolge un ruolo fondamentale nell'evoluzione dell'Arte ottica e cinetica, impegnandosi ad esplorare le qualità dei materiali nel riflettere e nell'assorbire la luce. L'anno successivo alla realizzazione di quest'opera inizia a utilizzare meccanismi elettrici e luci proiettate su oggetti in movimento, dando vita alle prime scatole lumino-cinetiche

Marino Marini, L'angelo della città

L'angelo della città è un'opera di Marino Marini del 1948. È una scultura in bronzo, con una patina scura e una finitura opaca, alta quasi due metri, lunga due metri, e larga un metro. L'angelo della città raffigura un cavallo e un cavaliere stilizzati posti quasi a guardia della terrazza esterna del palazzo che ospita la Collezione Peggy Guggenheim, sul Canal Grande a Venezia.

Il cavallo poggia sulle quattro zampe, diritte, che si ergono dalla solida base rettangolare sottostante in bronzo, larga e lunga quanto l'addome dell'animale. Dal corpo si protende il collo lungo e diritto, che con la testa va a formare una lunga linea retta che si estende dal naso alla coda, parallela al pavimento. Le narici sono dilatate e la bocca è leggermente aperta, gli occhi sono appena visibili e le orecchie sembrano appuntate sulla parte superiore del collo. Tutte queste caratteristiche fanno pensare a un cavallo che corre a tutta velocità, se non fosse per le zampe diritte e ben piantate a terra. Una criniera cortissima delimita la parte superiore del collo, sproporzionata rispetto alle dimensioni generali dell'animale, così come la coda, che è una piccola protuberanza arrotondata.

Un uomo monta il cavallo senza sella, tenendo le gambe a cavalcioni del grosso addome, le braccia aperte a formare con il corpo un'ampia T e le mani chiuse a pugno, mentre la testa è alzata al cielo, in un gesto potente e trionfale. L'uomo è nudo, con un corpo massiccio e tozzo, con i muscoli tracciati sul petto e l'addome e il fallo eretto.

Per dar vita alle sue figure equestri Marini, nato a Pistoia nel 1901, attinge alla tradizione della scultura etrusca e nord-europea. Con l'evoluzione del suo lavoro, a partire dalla metà degli anni Trenta i suoi cavalli e cavalieri, prima composti da forme classiche con figure relativamente slanciate, risultano più semplificati e arcaicizzanti, con proporzioni più tozze, come in quest'opera. Che cosa potrebbe qui affermare l'artista con questo suo cavallo e cavaliere?

Leonora Carrington, Oink

Oink (Essi vedranno i tuoi occhi) è un dipinto a olio su tela realizzato da Leonora Carrington nel 1959. L'opera si sviluppa in senso orizzontale e misura 40 centimetri di altezza per 90 centimetri di larghezza. Nel complesso è dipinta nei toni del marrone scuro. In questo dipinto surrealista, cupo e dai toni mitici, una creatura simile a un grifone, sulla sinistra, sembra lanciare un incantesimo verso cinque persone strette l'una accanto all'altra in un unico ampio letto, sulla destra.

La creatura ibrida riunisce caratteristiche di più animali: il corpo di un grosso gatto, la testa di uno sciacallo con lunghe orecchie a punta, grandi ali d'uccello, lunghi artigli e una lunga coda inarcata, con un volto umano sulla punta. È inoltre ricoperta da una pelliccia fulva a strisce nere lungo il collo e a macchie nere lungo il posteriore. L'ala, aperta verso il basso, presenta delle piume dalla punta nera che si allungano sul pavimento e delle macchie bianche attorno a una forma a goccia e di colore nero al centro. La creatura alza la zampa anteriore e dagli artigli emana dei sottili raggi di luce o una nuvola vaporosa verso le cinque persone sdraiate fianco a fianco nel letto, quasi avesse un potere curativo.

Le figure sono sdraiate in un ampio letto dalla struttura semplice, con una testiera piuttosto alta, e sono coperte fino al collo da un copriletto rosso. Hanno il viso di un pallore malaticcio, dipinto nei toni del blu, del grigio e del bianco, e dei lunghi capelli ramati che si sollevano come per una carica elettrica, sembrando delle fiamme di fuoco. Alle loro spalle, in piedi dietro la testiera del letto, si notano tre figure con abiti all'apparenza religiosi e dei copricapi scuri. La figura più lontana libera una colomba bianca, quella al centro regge una croce e osserva le figure sottostanti, quella più vicina a noi poggia una mano sulla testiera del letto e guarda la creatura ibrida. Un serpente sibilante è attorcigliato al sostegno della testiera del letto.

Sul pavimento, alla base del letto, da un recipiente trasparente, contenente un liquido rosso intenso, emerge una figura minuta dipinta di bianco e con un braccio alzato che si libra sopra la sostanza vaporosa emanata dalla creatura ibrida. L'ambiente, piuttosto scuro, fa pensare a una stanza d'ospedale in mattoni o in pietra, con archi e colonne che richiamano un'architettura medievale. La stanza non ha soffitto, anzi, il cielo scuro della notte appare verso l'alto con una luce che si sprigiona dall'orizzonte in lontananza. All'estrema sinistra del dipinto, un toro bianco e spettrale spunta da una porta.

Leonora Carrington, nata in Inghilterra nel 1917, frequenta i circoli dei surrealisti parigini. Nel corso della Seconda guerra mondiale fugge dalla Francia per rifugiarsi in Spagna; in seguito racconterà queste sue esperienze in un libro di memorie intitolato Down Below (1944), ispirato ai temi allucinatori e alle visioni oniriche del Surrealismo. Successivamente si stabilisce in Messico dove vive per oltre quarant'anni, trovando ispirazione nei paesaggi culturali e religiosi. Che cosa fa venire in mente questa scena rappresentata in Oink (Essi vedranno i tuoi occhi)?

Rosemarie Heber Koczÿ, Alberi

Alberi, opera di Rosemarie Heber Koczÿ del 1972, è una scultura composta da materiali organici, come canapa, sisal, iuta, seta grezza, alghe e lana. La scultura intrecciata oscilla tra la forma di un dipinto bidimensionale, un arazzo intessuto e una scultura morbida. L'opera, che misura circa un metro di altezza per poco più di 50 centimetri di larghezza, si sviluppa in senso verticale e appare come un intreccio di corde che si snodano dall'alto verso il basso, come radici di alberi strettamente avvolte tra loro o lunghi arti ramificati che salgono verso il cielo. Le corde variano per spessore e dimensioni: alcune sono sottili, altre più spesse e annodate, a imitare i rami e i nodi degli alberi di una fitta foresta. Le fibre di canapa, sisal, lino, iuta, seta grezza e lana sono colorate in tonalità che richiamano la terra: crema, bianco sporco, beige, sabbia, caramello e cioccolato.

Se la si toccasse, si sentirebbe che in alcune zone l'opera è molto morbida e in altre ruvida. Seguendo le forme con un dito, si sentirebbero delle linee sottili e tortuose che in alcuni punti diventano spesse e voluminose. Alcune forme create dalle corde sono accuratamente avvolte o rivestite in altri materiali organici. In alcuni punti i materiali sono annodati o tessuti con tale cura da sembrare una trama finemente lavorata a maglia. In quest'opera scultorea a tecnica mista, le forme organiche sinuose e ramificate evocano l'impercettibile vibrazione dei sistemi vegetali, delle radici e dei germogli.

Pablo Picasso, Sulla spiaggia

Questo dipinto di Pablo Picasso del 1937 è intitolato Sulla spiaggia. Il dipinto a olio, pastello e gesso su tela, che si sviluppa in senso orizzontale e misura circa 1,3 metri di altezza per 2 metri di larghezza, presenta tre monumentali figure stilizzate in un paesaggio in riva al mare. Le due figure in primo piano sono delle bagnanti che giocano con una barchetta a vela sulla spiaggia. Una figura è in piedi con le gambe parzialmente immerse nell'acqua, curva verso l'altra figura inginocchiata nella sabbia e con in mano la barchetta. Le figure sono dipinte in uno stile geometrico fatto di curve scultoree e angoli acuti, quasi fossero scolpite nella pietra o colate nel cemento. Tuttavia, presentano anche caratteristiche antropomorfe: teste con occhi, naso, bocca e orecchie esageratamente piccoli, e corpi con collo, torace, seno, arti e sedere esageratamente grandi e curvilinei. In lontananza si profila una terza figura: un voyeur che osserva le due figure in primo piano. Sembra che questa figura sia immersa nell'acqua fino al collo o che spunti dalla linea dell'orizzonte. I corpi delle tre figure sono dipinti con ampie campiture di grigio chiaro, a sottolineare l'aspetto scultoreo.

La piccola spiaggia in primo piano è della stessa tonalità di grigio chiaro, così come la barchetta. Le due figure in primo piano si stagliano sull'ampio specchio d'acqua turchese alle loro spalle. Nel terzo superiore della tela la linea dell'orizzonte divide il mare dal cielo, che è dipinto di un azzurro chiaro. Quale stato d'animo o atmosfera evoca quest'opera per la scelta cromatica, il soggetto e lo stile?

Marcel Duchamp, Nudo (Schizzo)

Nudo (Schizzo), Giovane triste in treno è un dipinto di Marcel Duchamp realizzato nel 1911 e datato 1912. L'opera, alta 100 centimetri per 73 centimetri di larghezza, è un olio su cartone telato sviluppato in senso verticale e montato su un pannello di fibre di legno pressate. Al centro di questo dipinto, dai toni scuri, una figura in piedi sembra muoversi, grazie alla duplicazione verso i lati della sua immagine, come se si trovasse in una sala rivestita di specchi. La figura è molto stilizzata, con una testa a forma di elmo, i tratti del viso indistinguibili e degli accenni di busto, braccia e gambe senza una chiara definizione dei muscoli o della struttura ossea. Delle linee nere orizzontali attraversano la testa e il busto, aumentando l'idea di movimento. La figura è dipinta con le tonalità della pelle: marrone scuro, caramello, terra di Siena bruciata e ambra, i colori che si potrebbero trovare in una fotografia color seppia della stessa epoca. La figura è più grande e inoltre dipinta con toni più chiari al centro dell'opera, che è il punto focale, mentre le sue duplicazioni su entrambi i lati si restringono e si scuriscono man mano che si procede verso i bordi del dipinto, dove la figura viene risucchiata dal nero.

Questo dipinto dimostra l'interesse di Duchamp per vari stili e movimenti dell'epoca, compreso il Cubismo, con la sua tavolozza sobria, l'enfasi sui piani di superficie piatti e l'astrazione della rappresentazione. Duchamp sceglie inoltre di catturare due movimenti: quello del treno e quello della figura che barcolla. I futuristi italiani erano noti per la rappresentazione del movimento, raffigurato dalla traiettoria del passato, presente e futuro della figura. Questo dipinto sembra una fotografia a esposizioni multiple che catturano il movimento o qualcosa che anticipa un fermo immagine. Potremmo interrogarci sul viaggio di questo giovane uomo dal passato al presente, e verso quale futuro lo stia portando il treno.

Marcel Duchamp, Nudo (Schizzo)

Nudo (Studio), Giovane triste in treno è un dipinto di Marcel Duchamp realizzato nel 1911 e datato 1912.

L'opera, alta 100 cm per 73 cm di larghezza, è un olio su pannello di tela sviluppato in senso verticale e montato su pannello di fibre di legno pressate. Al centro di questo scuro dipinto c'è una figura in piedi che sembra essere in movimento, mentre sue immagini duplicate si propagano verso l'esterno ai lati, come in una sala degli specchi. La figura qui è molto stilizzata con una testa a forma di elmo, tratti del viso indistinguibili e accenni di busto, braccia e gambe senza chiara definizione dei muscoli o della struttura ossea. Linee nere orizzontali tagliano la testa e il busto, aumentando l'idea di movimento.

La figura è dipinta con le tonalità della pelle: marrone scuro, caramello, terra di Siena bruciata e terra d'ombra, come i colori che si potrebbero trovare in una fotografia color seppia della stessa epoca. La figura è rappresentata più grande e più chiara al centro - un chiaro punto focale - mentre ogni rappresentazione successiva su entrambi i lati si restringe e si scurisce verso i bordi del dipinto, dove la figura è interamente risucchiata dal nero.

Questo dipinto dimostra l'interesse di Duchamp per vari stili e movimenti dell'epoca, compreso il Cubismo con la sua tavolozza sobria, l'enfasi sui piani di superficie piatti e l'astrazione della rappresentazione. L'artista sceglie inoltre di catturare due movimenti: quello del treno e quello della figura barcollante. I futuristi italiani erano noti per la rappresentazione del movimento, caratterizzato dalla traiettoria del passato, presente e futuro della figura. Questo dipinto sembra una fotografia con esposizioni multiple che catturano il movimento o qualcosa che anticipa un fermo immagine.

Potremmo interrogarci sul viaggio di questo giovane uomo, dal passato al presente, e in quale futuro lo stia portando il treno.

Paul Klee, Giardino magico

Giardino magico è dipinto da Paul Klee nel marzo del 1926, a olio, su una rete metallica riempita di gesso delle dimensioni di 53 centimetri di altezza e 45 centimetri di larghezza. Si tratta di un dipinto ricco di colori e stravagante, che raffigura forme semplificate di motivi, luoghi e oggetti. L'opera è montata in una cornice di legno che abbraccia i bordi del gesso.
La superficie del dipinto è ondulata, con avvallamenti concavi dovuti al modo in cui il gesso ancora umido è stato applicato e fatto aderire alla rete metallica che funge da base. Il gesso ancora umido sembra essere stato graffiato o inciso con uno strumento affilato, che ha tracciato delle linee decise e degli oggetti prima che il gesso indurisse. Infine, la superficie in gesso bianco è stata dipinta abbastanza liberamente con velature di colore e quest'ultimo si è concentrato nelle aree incise più in profondità. Nel suo complesso l'opera si presenta con macchie di toni pastello più o meno saturi che mettono in risalto la consistenza del gesso sottostante.

Da lontano, l'effetto cromatico è quello di un tessuto tinto a nodi. Lo sfondo è dipinto con pennellate morbide e macchie di colore nelle tonalità calde dell'arancione, del giallo, del rosa, del malva, del marrone e del rosso mattone. Queste macchie di colore possono sembrare i fiori, le piante e i cespugli che compongono un giardino. Al centro del dipinto, un viso color verde menta ci fissa con grandi occhi a mandorla e lunghe ciglia. Questa testa si erge come il busto di una statua posto su un piedistallo dorato oppure all'interno di un enorme calice. Alla destra, in alto, un cerchio blu oltremare, brillante e contornato di nero, fa pensare a uno specchio d'acqua, un'apertura sul cielo notturno o un pianeta. Alla sinistra, una mezzaluna di colore bordeaux culla un sole rosa sorridente. Tra la mezzaluna e il cerchio blu fluttua una forma marrone, composta da un viso rotondo e da quattro braccia tentacolari che si protendono verso l'alto.

Nella parte superiore del dipinto, al centro, una torre a più piani dipinta liberamente di giallo pallido sembra emanare una luce giallastra, mentre ai margini presenta sfumature color lavanda. Lungo il lato sinistro del dipinto, al centro, una torre di guardia o un campanile di colore grigio si erge sopra la facciata dipinta di arancione chiaro di un edificio a più piani. Nell'angolo superiore sinistro del dipinto si trovano forme ambigue: forse una campana di colore celeste e una piccola finestra galleggiante di fronte a un'enorme luna piena, bianca. In alcune aree del dipinto si trovano delle forme decorative rosa pallido, come la sezione triangolare nell'angolo superiore destro decorata con linee e forme sottili e vorticose.

In quest'opera Klee impiega il suo caratteristico stile calligrafico, utilizzando linee sottili per delineare gli oggetti. Qui, tuttavia, queste linee sono inoltre incise nel gesso, che appare come una superficie primordiale usurata e modellata dalla sua stessa storia. Ogni oggetto rappresentato sembra fluttuare, fisso o mobile come cellule o pianeti orbitanti. Giardino magico si presenta come un'eruzione cosmica di un mondo simbolico e magico composto da forme naturali, artificiali e geometriche, di cui Klee è artefice e di cui custodisce i segreti.

Marina Apollonio, Rilievo n. 505

Quest'opera scultorea a parete realizzata da Marina Apollonio è intitolata Rilievo n. 505 e risale all'incirca al 1968. Le sue dimensioni sono 50 centimetri di altezza per 50 centimetri di larghezza. A prima vista, l'opera dà l'impressione di un prezioso arazzo realizzato con strisce di alluminio brillanti, intrecciate in senso orizzontale e verticale. Le strisce sono state montate su una superficie rigida, un pannello di legno pressato, dipinto con una vernice fluorescente di colore verde brillante, che di primo acchito non si vede a causa delle strisce d'alluminio intrecciate.

Avvicinandosi, si nota che le strisce di alluminio sono tutte disposte in senso verticale. Il fatto che alcune sembrano disposte orizzontalmente è dovuto a un'illusione ottica creata dalla curvatura delle strisce sul pannello di legno pressato: le forme curve, concave e convesse, si alternano tra ogni striscia verticale e quella immediatamente vicina, dando l'illusione di trovarsi di fronte a un ordito e una trama. Un altro modo per descrivere quest'opera è immaginare di realizzare un tessuto fatto di strisce di alluminio, in verticale, e di cannucce in orizzontale; una volta fissato l'alluminio in posizione, togliendo le cannucce rimarrebbero degli spazi vuoti curvi, concavi e convessi.

Spostandosi per osservare l'opera da un'angolazione laterale, negli spazi dove l'alluminio si curva e crea delle "colline", si intravede il colore verde brillante con cui è stato dipinto il pannello di supporto. Queste forme convesse si allontanano dalla superficie del pannello, catturando la luce e riflettendola, mentre le forme concave, come degli "avvallamenti", rimangono in ombra. Per aumentare l'illusione ottica, le strisce di alluminio lucido riflettono anche il colore verde brillante del pannello, funzionando come molteplici specchi man mano che si cambia angolazione.

Quest'opera simmetrica è composta, in totale, da 17 strisce di alluminio verticali, che si assottigliano man mano che dal centro, dov'è la striscia più larga, si procede verso i bordi, a destra come a sinistra. Questa conformazione accresce il senso di convessità dell'opera, creando ulteriori illusioni nella tessitura dell'opera quando la si osserva da diverse angolazioni.

Marina Apollonio nasce a Trieste nel 1940 e frequenta l'Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 1962 realizza i primi rilievi metallici con sequenze di colori, utilizzando intenzionalmente materiali industriali e condividendo la visione depersonalizzata di altri artisti optical. Nel corso della carriera continua a interessarsi agli esperimenti visivi illusionistici per realizzare opere che sembrano voler attirare l'osservatore al loro interno. Come viene influenzata la nostra esperienza dal muoverci attorno all'opera?