Ben Nicholson
Febbraio 1956 (menhir)
1956
Opera non esposta
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Leonor Fini
1941
D’indole creativa e ribelle Leonor Fini lascia molto presto Trieste, dov’era cresciuta, per trasferirsi nella capitale francese. A Parigi frequenta gli esponenti del Surrealismo, tra i quali Max Ernst, Paul Eluard, Salvador Dalí e Victor Brauner, e partecipa a diverse mostre collettive senza mai aderire ufficialmente al movimento. Ciò che la lega al Surrealismo è l’interesse per il mondo del fantastico e dell’inconscio, che nella sua opera sfocia in visioni oniriche dalle connotazioni sottilmente erotiche. Per Leonor Fini la realtà quotidiana può rivelarsi estranea e tuttavia meravigliosa: è sufficiente aprire gli occhi e guardare con attenzione le cose perché esse non sembrino più fenomeni abituali o comprensibili. Si tratta di un universo spesso cupo ma popolato da un sorprendente gruppo di creature fantastiche. Uno scorcio rappresentativo di questo mondo è offerto da quest'opera, dove la protagonista, dalla provocante fisicità, è attorniata da un gruppo di sfingi, metà donne e metà leoni, che sembrano reduci da un banchetto. I loro sguardi lascivi uniti ai resti della festa, chiari simboli sessuali, lasciano immaginare uno scenario oscuro e trasgressivo.
Opera non esposta
Artista | Leonor Fini |
Titolo originale | The Shepherdess of the Sphinxes |
Data | 1941 |
Tecnica | Olio su tela |
Dimensioni | 46,2 x 38,2 cm |
Credit line | Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York) |
Inventario | 76.2553 PG 118 |
Collezione | Collezione Peggy Guggenheim |
Tipologia | Dipinto |
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