Marcel Duchamp
Scatola in una valigia (Boîte-en-valise), 1941

“Tutto quello che ho fatto di importante potrebbe stare in una piccola valigia”

- Marcel Duchamp

Questa è la prima di un’edizione deluxe di venti valigette da viaggio di Louis Vuitton, che raccolgono ciascuna sessantanove riproduzioni e miniature di celebri lavori del poliedrico e dissacrante artista francese. Con la Boîte-en-Valise Marcel Duchamp intraprese uno dei suoi progetti più ambiziosi: un museo portatile di repliche creato con l'aiuto di elaborate tecniche di riproduzione, come il pochoir, simile allo stencil. In questo modo Duchamp portò alle ultime battute la rivoluzionaria operazione avviata attraverso i ready-made, dando il via a una parodia estrema dell'arte e dei meccanismi creativi, che colpisce al cuore l'idea stessa di museo.
Nell’edizione deluxe le venti valigie contengono, oltre alle riproduzioni in miniatura, un “originale” diverso per ogni valigetta, e differiscono tra di loro per piccoli dettagli e varianti nel contenuto. “L’originale” della valigia di Peggy Guggenheim è una riproduzione de Le roi et la reine entourés de nus vites (1912), colorata ex-novo per l’occasione dallo stesso artista, insieme a una dedica a Peggy Guggenheim, che sostenne economicamente Duchamp in questa sua produzione.

Il progetto di studio e conservazione è realizzato grazie al sostegno di EFG, Institutional Patron del museo.


Questa particolarissima opera-compendio di Duchamp è stata realizzata con materiali molto diversi tra loro: pelle, stoffa, carta, metallo, vetro, ceramica, acetato di cellulosa, legno, colori a tempera, vernice, matita, e inchiostro.

La varietà dei materiali costitutivi e le complesse modalità fisiche e concettuali con cui interagiscono rendono la conservazione della Boîte insolitamente impegnativa.

L’intervento, dato il carattere polimaterico, è coordinato dal dipartimento di conservazione della Collezione Peggy Guggenheim e dal Settore Materiali Cartacei e Membranacei dell’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze, i cui restauratori hanno seguito le varie fasi del lavoro coadiuvati da esperti dei diversi settori dell’istituto, che a vario livello sono coinvolti per consulenze e per interventi mirati sui singoli elementi presenti nell’opera. La fase iniziale ha previsto una campagna di indagini per l’identificazione delle tecniche grafiche e pittoriche usate, così come sul metodo di assemblaggio dei pezzi.

Trattandosi della prima della celebre serie di valigie deluxe della fine degli anni ’30 del Novecento, gli obiettivi dell’intervento sono, oltre alla risoluzione delle problematiche inerenti la conservazione e l’esposizione di un oggetto molto delicato, approfondire la conoscenza del metodo di lavoro di Duchamp e il sistema “quasi industriale” che da questo momento l’artista attiverà per realizzare le altre serie prodotte.

Fin da subito e emersa la necessità di esaminare altre valige, come quella alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma (n. III/XX), coeva e appartenente alla stessa serie di quella veneziana, per verificare eventuali modifiche o sostituzioni di elementi da parte dell’artista. La valigia dedicata a Peggy Guggenheim è infatti un’opera delicata, un vero e proprio prototipo assemblato con molteplici elementi (si sono contati 11 tipi di materiali diversi, dalla carta alla pelle, alla ceramica e al vetro), che fin da subito deve avere presentato problemi conservativi, soprattutto a carico delle parti soggette a movimentazione, tanto che Duchamp adottò nelle altre valigie nuove soluzioni atte a evitare l’insorgere dei danni, qui invece evidenti. L’intervento conservativo su quest'opera complessa si è concentrato su alcuni aspetti determinanti per la sua conservazione futura: la pulitura e il consolidamento degli elementi dell’insieme, per garantire la sicurezza dei singoli pezzi in fase di apertura e chiusura, e il restauro conservativo della valigia di pelle particolarmente deteriorata dall’uso. Tutti i pezzi sono stati sottoposti anche a indagini diagnostiche finalizzate a una conoscenza più dettagliata dei materiali, delle parti singole, del loro assemblaggio, e dei danni che si sono stratificati nel tempo.

L’Opificio delle Pietre Dure di Firenze è intervenuto con un lavoro di équipe: il Settore materiali cartacei sull’intera struttura, sulla valigia, sulle opere in carta bidimensionali e sui pannelli in acetato; il Settore bronzi sugli elementi metallici; il Settore terrecotte sugli oggetti in ceramica e vetro; e infine il Settore supporti lignei sugli elementi strutturali e decorativi.