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“Il mio padiglione venne allestito da [Carlo] Scarpa, l’architetto più moderno di Venezia. […] La mia mostra ebbe una risonanza enorme e il padiglione divenne uno dei più popolari della Biennale”.
- Peggy Guggenheim, Una vita per l’arte, Rizzoli, Milano 1982
La partecipazione di Peggy Guggenheim alla Biennale di Venezia del 1948 (6 giugno–30 settembre 1948) fu un evento epocale. Non solo fu la prima esposizione di un’esauriente collezione di arte moderna in Italia dopo due decenni di regime dittatoriale, ma anche la prima presentazione della sua collezione in Europa al termine della Seconda guerra mondiale, quando Peggy chiude la galleria Art of This Century (1942–47) a New York e si trasferisce a Venezia.
Peggy espone la sua collezione nel padiglione della Grecia al tempo dilaniata dalla guerra civile. La partecipazione avviene su proposta dall’allora Segretario generale della Biennale Rodolfo Pallucchini, consigliato dall’artista Giuseppe Santomaso. Più di ogni altra mostra di quella Biennale, con il padiglione italiano ancora dominato dall’Impressionismo e dal Postimpressionismo, la collezione offre una panoramica sull’arte contemporanea, sul Cubismo, il Futurismo, l’astrazione, il Surrealismo e soprattutto l’ultimo sviluppo dell’arte americana, l’Espressionismo astratto. Si tratta del debutto di Jackson Pollock in Europa e della prima volta in cui una nuova generazione di artisti americani, come William Baziotes, Mark Rothko e Clyfford Still, espone al di fuori degli Stati Uniti.
Il padiglione è progettato dall’eminente architetto veneziano Carlo Scarpa, la cui sensibilità architettonica si riflette sull’allestimento delle opere, accostate secondo dialoghi e affinità formali offerte dai numerosi particolari geometrici. All’ingresso i visitatori sono accolti da un cartello disegnato da Scarpa che riporta il nome “Collezione Peggy Guggenheim”.