“Come si può scrivere di Bacci? Impenetrabile modesto sensibile evanescente. Io non ho alcun indizio.”

“È mio vicino di casa a Venezia, abita a un ponte di distanza da casa mia (è così che misuriamo le distanze a Venezia), e lo incontro quasi tutti i giorni nella calle vicino a casa o al traghetto. I nostri saluti sono formali ma amichevoli. Non riesco a conoscerlo meglio, questo misterioso piccolo uomo, ma i suoi quadri, quelli, sono un’altra faccenda. Quelli li conosco. Li capisco. Sono i bambini di oggi. Sono dinamici. Sono la bomba atomica su tela. Scoppiano di luce, di energia e colore. Ogni nuova opera è più vitale del precedente. Le sento così esplosive che mettono in pericolo la sicurezza del mio palazzo. Ogni volta che un americano entusiasta ne porta via una, sento che la mia casa è in minor pericolo. Ma poi Bacci me ne porta una nuova. Ognuna è più meravigliosa, più eccitante e più pericolosa.

Peggy Guggenheim a Palazzo Venier dei Leoni con, alle spalle, Avvenimento #292 (Incontro),1961 c., di Edmondo Bacci, Venezia, anni '60

C’è una veggenza nel colore, il quale esplode in tutta la sua gioiosa ebbrezza. Credo che sia oggi il colore più puro che si è liberato nello spazio. Una potenza frenetica ci trascina nel suo gioco. Sono i poli di una meravigliosa avventura poetica. C'è sempre il rosso in Bacci, c'è sempre la luce. Questo suo straordinario mondo dà vertigine alla vita. Ed è un’elevazione continua dello spirito. L’opera di Bacci rende infatti magnetica ogni cosa con un sentimento interiore ricco di decoro e di splendore. La sua pittura è un'esplosione che mette un fuoco lirico nel mondo. E il mondo nel suo "Avvenimento" trova una straordinaria verità, un'intenso dinamismo più proprio alle fantomatiche suggestioni dello spirito. I suoi si chiamano tutti "Avvenimento". Tra loro sono diversi e il legame è il tema, non nella tecnica, che l'invenzione dà loro una sorprendente felice originalità.

Tocca vertici incandescenti della libertà creativa, di un fantastico ordine di incanto e stupore. Potrei forse suggerire [Vasily] Kandinsky per una uguale potenza poetica. Credo che in Bacci nasca da una fonte nascosta, imprevedibile. Leggenda che rende qui quotidiano il miracolo. Infatti si vede dentro il quadro, presi dal vortice della sua sorta recondita. E non ha niente di superfluo, ma, come per ogni opera fortemente estetica è semplice, vivo, intenso. Per lui il colore è un conflitto di potenze e la materia vive di queste tensioni, sensibile e luminosa. Bacci ci mostra la purezza di ciò che è autentico e originale. La sua pittura non ha geografia; appartiene al mondo o allo spazio. Non si sa dove va il mondo e non si sa dove va Bacci”.

- Peggy Guggenheim, Introduzione, in Catalogo della XXIX Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, Ente Autonomo La Biennale di Venezia, Venezia 1958, pp. 66–67.


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